Sacro di Birmania: tra mito e leggenda

La leggenda é stata tramandata dalla scrittrice Marcelle Adam, la quale possedette Manou de Maldapour, secondo birmano a essere riconosciuto in Europa nel 1926 circa.

Questa leggenda, come tutte le leggende, contiene forse solo poche verità, ma continua a fare sognare.

Nel XVIII secolo, nel templio di Lao-Tsun, costruito sui pendii del monte Lugh, viveva il grande Lama Kittah Mun-Ha, la cui vita era consacrata al Dio Song-Hio e alla contemplazione della Dea dagli occhi di zaffiro Tsun-Kyankse che presiede alla trasformazione delle anime e permette a Kittah di rivivere in un animale sacro prima di giungere alla perfezione totale.

Con il monaco viveva Sinh, un gatto completamente bianco con occhi color oro, come la barba del suo padrone. Sinh aveva le orecchie, il naso, la coda e le zampe del colore della terra, segno dell’impurità di tutto ciò che vi entra in contatto.

Una sera, tuttavia, il monaco Mun-Ha venne ucciso dai Phoums (Thaïs) maledetti che riuscirono ad avvicinarsi alle mura sacre.

In quel momento, il suo fedele gatto gli si avvicinò e produsse un miracolo unico: la trasformazione. D’un salto, Sinh spostò il suo sguardo dalla testa abbattuta del suo padrone alla statua della Dea dagli occhi di zaffiro, rimanendo a fissarla.

I peli della schiena gli si rizzarono e diventarono del color dell’oro, mentre i suoi virarono al blu immenso e profondo dello zaffiro, come quelli della Dea Tsun-Kyankse.

Girando gli occhi verso la porta del Sud, le sue quattro zampe brune che toccavano la testa del monaco schiarirono verso un bianco splendente, dalla punta delle unghie fino all’attaccatura delle dita.

Con il solo sguardo di Sinh, gli altri monaci si precipitarono per chiudere le porte del templio e mettere fine alla razzia in corso.

Sinh, rifiutando la morte di Mun-Ha, nonché qualsiasi forma di nutrimento, morì sette giorni dopo portando alla Dea Tsun-Kyankse l’anima, ormai divenuta troppo perfetta per stare in Terra, di colui che lo aveva accudito e amato.

Sette giorni dopo la morte di Sinh i pretri, assemblatisi per decidere della successione di Mun-Ha, videro arrivare lentamente i cento gatti del templio che, con loro grande stupore, avevano subito la stessa trasformazione del loro compagno.

Le loro zampe erano guantate di bianco e i topazi dei loro occhi trasformati in zaffiri. Silenziosi e solenni, attorniarono Ligoa, il più giovane dei monaci Kittah, facendo così la volontà degli antenati reincarnati e della Dea Tsun-Kyankse.

Ogni qualvolta un Gatto Sacro muore al templio di Lao Tsun, si narra, é l’anima di un monaco Kittah che prende il suo posto al fianco di Mun-Ha per l’eternità, nel paradiso di Song-Hio.

“Guai a chi augura la fine di una di queste bestie meravigliose, egli soffrirà dei tormenti più crudeli.”

Persone più prosaiche, nonostante la conturbante leggenda, diranno invece che il Sacro di Birmania é nato in Francia da un incrocio tra un Siamese, un Angora e un Persiano.

Sulle loro origini rimane un velo di mistero…