lavoro

Tra le cause più dolorose della comparsa della pandemia, che ha colto di sorpresa l’intero mondo occidentale, i tanti posti di lavoro persi rappresentano, senza alcun dubbio, un dato poco confortante: dall’epoca pre-covid, infatti, sono stati persi oltre 470.000 posti di lavoro. Un numero che, mediamente, va moltiplicato per tre, considerati anche gli altri membri del nucleo familiare del lavoratore.

I colpi inferti dalla pandemia nel mondo del lavoro, quindi, sono ancora tangibili a distanza di oltre un anno e mezzo, come dimostra, purtroppo, il caso Whirlpool, ben testimoniato, con dovizia di particolare e meticolosa puntualità, dal sito campano www.2anews.it, che, grazie alla radicata presenza sul territorio partenopeo riesce a fornire dettagli esclusivi sulla complicata situazione che vivono i lavoratori dipendenti del colosso statunitense, è l’esempio più lampante.

PIL in crescita oltre le aspettative: dato da cogliere con sobria soddisfazione

I dati del primo semestre del 2021, però, sono piuttosto soddisfacenti per la nostra nazione, che, ad onor del vero, era stata la prima ad essere stata colpita dalla forza deflagrante del covid ed è stata, in Europa, tra quelle che lo scorso anno avevano fatto registrare i gap più pesanti in termini di perdita del PIL e posti di lavoro.

Un’inversione di tendenza che è ben testimoniata dai dati forniti dall’ISTAT, che sottolinea, a ragion veduta, come il confronto faccia riferimento al picco più alto e nefasto dell’avvento del covid, ovvero il secondo semestre del 2020. La crescita annua del PIL, infatti, è stata ben oltre ogni più rosea aspettativa: +2,7%.

Nella classifica europea, l’Italia si trova meglio posizionata rispetto a Francia e Germania (che, per dovere di cronaca, ebbero una perdita del PIL meno vistosa nel secondo trimestre dello scorso anno), con la sola Spagna, cresciuta di un decimo di punto in più rispetto a noi (+2.8%), che ci precede.

Italia nuova locomotiva europea?

Considerato il peso specifico maggiore del nostro paese rispetto a quello iberico, molti analisti hanno definito l’Italia come la “locomotiva” della ripresa europea, sostantivo che, normalmente, veniva affibbiato alla Germania. Una rondine, come dice un vecchio adagio, non fa primavera.

E pur brindando a questo dato estremamente positivo, sarebbe più opportuno stilare un giudizio complessivo alla fine del 2021, sperando che l’Italia confermi questo ottimo dato. Il primo trimestre, complici anche le numerose restrizioni causate dalla comparsa della “variante inglese”, ha visto il nostro paese crescere in misura contenuta, per poi spiccare il volo nel periodo aprile-giugno.

Anche i dati del mercato del lavoro, nonostante il gap col periodo pre-covid resti negativo di poco meno di 500000 unità, sono stati positivi e superiori alle attese. Da inizio anno, infatti, si è registrato un aumento degli occupati pari a 400.000 persone, recuperando circa il 45% della forza lavoro persa durante il nefasto 2020.

Diminuisce il numero dei giovani disoccupati, ma il dato “macro” resta pesante

Ma il numero, nudo e crudo, degli occupati fa comprendere come la strada per un normale ripristino dell’occupazione italiana resti ancora lontano, anche se non impossibile da poter cogliere nei prossimi 18 mesi, specie se l’incremento del PIL continuerà ad essere oltre le attese: 22,3 milioni di occupati contro i 22,7 di febbraio 2020.

Resta anche da valutare quale sarà l’impatto dello sblocco dei licenziamenti, che qualche analista vede come la possibile spada di Damocle del prossimo autunno. Una stagione che, potenzialmente, potrebbe diventare calda, considerati i numerosi tavoli aperti al Ministero del Lavoro, tra i quali spicca la già citata vertenza Whirlpool.

Nel primo semestre, inoltre, si registra una diminuzione della disoccupazione giovanile (-1,3%), ma il dato, tuttavia, resta tragico: il 29,1% dei giovani italiani non lavora. Ed è su questo punto che si attende, nel corso del prossimo semestre, un ulteriore miglioramento, dando un futuro ed una speranza a due intere generazioni.